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I dialoghi all’interno di un romanzo

I dialoghi all’interno di un romanzo

Le difficoltà del discorso diretto: i dialoghi

Scrivere le parti caratterizzate da discorso diretto è una delle cose più difficili durante la stesura di un romanzo. Per ottenere dialoghi efficaci, credibili, piacevoli e naturali occorrono grandi doti che hanno a che fare con la sensibilità personale, la flessibilità di pensiero e la capacità di adattamento. Scrivere dialoghi pertinenti è un romanzo nel romanzo.

 

A cosa servono i dialoghi?

I dialoghi nel romanzoAttraverso il dialogo l’autore consente ai personaggi del suo romanzo di prendere la parola direttamente per esprimere quello che pensano in prima persona.

I dialoghi uniscono la forza dell’immediatezza alla fragilità dell’incertezza, dato che chi parla è sempre coinvolto nella vicenda e, proprio perché dentro la storia, in genere con un suo intervento ha un impatto più potente sul lettore anche se non possiede una visione d’insieme della trama.

Mediante un uso consapevole e opportuno dei dialoghi è possibile caratterizzare al meglio un personaggio, fluidificare la narrazione con una chiara esposizione di determinate situazioni e integrare l’azione con la definizione del ritmo adeguato.

 

 

Come scrivere dialoghi che funzionano

Qui entriamo nel campo della metafisica. Si tratta di qualcosa che ha a che fare più con il sentire che con il comprendere. Servono abilità innate (come per scrivere romanzi, del resto), da allenare con l’esercizio pratico per svilupparle al meglio. Di certo, in primis risulta essenziale essere bravi ad ascoltare. Ascoltare cosa? La realtà intorno, il modo in cui le persone che ti circondano interagiscono fra loro nella vita di ogni giorno. Poi bisogna essere capaci di usare il registro linguistico appropriato in base al bagaglio culturale, etico e intellettuale del personaggio che si è costruito. Oltre al registro, guai a trascurare il tono, il quale varia a seconda del contesto e dell’umore di chi sta parlando. Infine: attento alle sfumature e rileggi a voce alta quanto hai scritto per capire come suona. I dialoghi devono essere semplici e rispecchiare l’identità di chi ha preso la parola in quel frangente del racconto.
Ricapitolando, per scrivere dialoghi che funzionano è necessario quanto meno:

  • saper ascoltare
  • usare il registro appropriato
  • usare un tono appropriato
  • rileggere a voce alta

 

Cosa non inserire nei dialoghi

Il dialogo riflette una componente del linguaggio parlato, pertanto occorre restituirla flessibile come una comunicazione orale anziché rigida nel vestito formale tipico dello scritto, ferme restando la correttezza grammaticale e quella sintattica del frammento. Bisogna evitare di rimanere impigliati in una scrittura troppo impostata e pomposa; anche quando un personaggio è dotato di una certa caratura intellettuale, e quindi richiede l’adozione di un linguaggio un po’ più ricercato, circa una spanna sopra lo standard comune, si deve tenere conto del fatto che per esprimersi sta usando la sua voce e non una penna. Allo stesso modo, neppure se abbiamo a che fare con il più grezzo dei personaggi possiamo dimenticarci delle regole della buona scrittura e riempire di strafalcioni i dialoghi che lo vedono impegnato nel tentativo di trasmettere veridicità, poiché “tanto lui parla così, senza alcuna attenzione alle norme della lingua e con frasi colloquiali zeppe di errori“.
Inoltre è necessario rifinire e cesellare, a prescindere dal registro usato dal personaggio: prima e dopo il dialogo è fondamentale eliminare tutto ciò che risulta essere di troppo, come specifiche ovvie o superflue. Lascia che sia il personaggio a parlare per te, non sottolineare a priori o a posteriori quello che gli hai messo in bocca nella speranza di incrementarne l’efficacia: rischi solo di risultare pesante e ridondante.

 

Diventa il tuo personaggio

Non esiste una formula infallibile e a volte la posizione di una virgola o l’uso o meno di un punto esclamativo fa tutta la differenza del mondo, comunque quando scrivi i dialoghi non dimenticare mai che a parlare non sei tu in quanto autore, ma i personaggi del libro che stai realizzando, quindi devi calarti nei loro panni e usare le parole che userebbero loro. Un consiglio: immedesimati in un personaggio e inizia a respirare come lui, prova a ragionare come lui… e vedrai che riuscirai anche a parlare come lui.
Nel rispetto di quanto detto sopra, puoi pensare di usare formule dialettali, purché: 1) siano coerenti con le radici geografiche del personaggio; 2) siano coerenti con lo status sociale del personaggio; 3) siano scritte correttamente (anche i dialetti hanno una loro precisa forma).

 

Ancora qualche dettaglio

Sebbene esista ancora una risicata minoranza di editori affezionata alle virgolette alte (” “), oggi la quasi totalità adotta per i dialoghi le caporali (« »).
Prima o dopo i dialoghi si è soliti inserire verbi di collegamento fra il discorso diretto e il discorso indiretto: gli editori sono innamorati del disse e amano gli scrittori che lo ripetono millemila volte nell’arco di poche righe (ogni riferimento a De Carlo è puramente casuale); personalmente preferisco variare un po’ (affermò, rispose, ribatté), purché non si commetta l’imperdonabile sbaglio di abusare delle infinite possibilità offerte dalla lingua italiana fino a trasformarle in qualcosa di invadente. Lo scopo è rendere il verbo di collegamento un anello invisibile, non un preponderante arzigogolo barocco.